venerdì 24 agosto 2012

Novecento e oltre- Festival Junior









I giovani protagonisti durante le prove dello spettacolo, svoltesi nell'auditorium della Fondazione Paolo Grassi e nel  chiostro di San Domenico. La parola d'ordine? Coesione!! La capacità di armonizzare le energie dei bambini incanalandole in un opera tanto geniale della regista Sara Putignano ha regnato sovrana.








« Mi piace pensare che la Golden Vanity, sia frutto dell’immaginazione di un bambino».

Così Sara Putignano, la regista dello spettacolo messo in scena per il Festival Junior, spiega il momento iniziale della rappresentazione.
Una storia macchiata dal cinismo, ma un cinismo puerile, sicuramente reale proprio di tutti i bambini che non hanno solamente pensieri soffici e teneri.
« Il teatro è anzitutto un gioco, e a quella dimensione andava riportato, viste le difficoltà alle quali i bambini potevano andare incontro data l’emozione per l’impegno non facile».
I colpi di cannone sono palloncini che esplodono, il mare, scenografie e costumi di Fabiana Rizzi, rappresentato da un telo azzurro, raggiunge il pubblico, tutto ciò è un gioco per i bambini che mantengo con questo e altri espedienti la loro innocente libertà e naturalezza.
Giocare a fare i pirati, da una parte i maschi rosso e neri a comporre la ciurma dei pirati, dall’altra le bambine, in azzurro giallo e bianco, i colori della Golden Vanity, che non sono certo da meno dei maschi, anzi, mostrano un notevole sadismo.









Quasi come un pifferaio magico, la magica pianista Antonia Valente ha incantato il pubblico destreggiandosi tra  onde e tempeste musicali e conducendo la Golden Vanity al sicuro, su di un'isola di gloria e felicità. Il carisma magnetico della giovane musicista ha affascinato fin da subito i bambini, topolini al suo seguito, fedeli usignoli capaci di rendere omaggio alla loro "maestra" con tanta bravura e vivacità. Come non restare intrappolati nell'aura di passione e genialità che avvolgeva la pianista? La forza della musica, che ogni giorno, inaspettatamente, ti spinge ad aprire il tuo cuore a chiunque possa fungere da balsamo per le sofferenze congenite, è una corrente impetuosa. Un' accoglienza di cuore appunto, quella riservata, dal pubblico, ad Antonia Valente. Una stella che illuminato la notte del 25 Luglio, trasportando dietro di se il cuore dei bambini e degli spettatori. (Ludovica Germinario)










« Le navi sono dei bancali messi uno sopra l’altro, sono le navi dei bambini, della loro immaginazione. Per loro è facile immedesimarsi in qualunque mondo».
Anche Fabiana dunque segue la linea immaginifica dell’opera.
Entrambe, e non solo loro, sono soddisfatte per aver adempiuto al meglio a un compito non facile.
« Era la possibilità di mettermi all’opera, in un contesto importante, quello del Festival, e di realizzare qualcosa d bello nel paese dove sono cresciuta dopo diversi anni di studio».
Mentre Sara ci racconta di essere rimasta piacevolmente sorpresa dalle sue capacità in un campo non propriamente suo, è in primo luogo attrice, li dove, in un primo memento sembrava venir sopraffatta dalla notevole responsabilità.
Il Festival Junior dunque riesce nel suo intento, ossia quello di essere un invito al mondo teatrale rivolto a un giovane pubblico e a giovani attori e soprattutto quello di essere una rampa di lancio per giovani artisti che possono mostrare le loro capacità ed essere stimolati a proseguire il loro percorso.

Ingrediente indispensabile per questa ricetta vincente di musica e teatro, la genialità di una pianista giovanissima ma straordinariamente innovativa, dinamica, travolgente : Antonia Valente.
La giovane musicista infatti, non appena si è concluso il Festival Della Valle D'Itria, si è immersa in una delle tante iniziative artiste che ha ideato e cura personalmente : il Festival musicale "Ritratti". Gli eventi organizzati sono sorprendentemente originali, carichi di personalità artistica, esteticamente affascinanti. Ecco dov'è possibile seguire il calendario di questa iniziativa http://www.facebook.com/Ritrattifstvl.







Articolo a cura di Saverio Fiorino
Fotografie a cura di Angela Ancona, Ludovica Germinario, Roberta Ceppaglia e Rosanna Carrieri



Responsabile Blog Ludovica Germinario








lunedì 6 agosto 2012

Concerto Sinfonico- Pärt, Saariaho, Ramiskij-Korsakov


Il giovane Direttore Daniel Cohen, il violino Francesco D'Orazio e la straordinaria Orchestra Internazionale D'Italia. Grazie per le emozioni regalate.



"Ante mare et terras et, quod tegit omnia, caelum unis erat toto naturae vultus in orbe, quem dixere Chaos; (...) Hanc dues et melior litem natura diremit; nam caelo terras et terris abscidit undas et liquidum spisso secrevit ab aere caelum; quae postquam evolvit caecoque exemit acervo, dissociata locis concordi pace ligavit. " (Ovidio, Metamorfosi, Libro Primo, vv 5-7 e vv 21-25).

.....
"Prima che esistessero il mare, la terra e il cielo che tutto ricopre, l'universo aveva un unico, indistinto aspetto che fu chiamato Caos; (...) Grazie a un intervento divino e al miglioramento della natura, si risolse questo contrasto: la terra fu separata dall'aria e dalla terra il mare; il cielo puro fu distinto dall'aria più pesante. Ogni cosa estratta e liberata dall'ammasso disordinato, ebbe un suo posto preciso per poter convivere in pace con le altre."


Ecco che dal Chaos indistinto di suoni e strumenti, ne emerge uno solo. Un violino, che come un bimbo emette il suo primo vagito nel mondo attraverso la sua serie di note.
Ha inizio la metamorfosi.
Il vuoto la precede. Che non è il nulla, il silenzio, ma è un'implosione, lenta ma piena di note. Al di fuori sembra il vuoto, ma all'interno sorgono note su note. Arvo Pärt è così. Si cela a tutti, porta i suoi strumenti ad arrivare ad un punto quasi di rottura, dove sembra che l'orchestra stia per esplodere e far sentire il suo suono, al completo nel suo splendore. Invece le note implodono in loro stesse, celandosi a me, pronta ad ascoltarle, a farle mie e a non restituirle più. No. Loro si chiudono in se stesse, arrivano sul filo del rasoio e tornano ad essere silenziose, implose nella loro bellezza. Lasciando me, con le orecchie tese, aspettando la metamorfosi.

Il vagito del primo violino strappa la tela come il taglierino di Fontana. Inizia un dialogo che stupisce chi assorto ascolta. Il loro linguaggio è riportato nero su bianco con simboli musicali. Minime, crome, bemolle e diesis sono sul foglio. Armonia, contrasti, felicità e appagamento sono sulla mia anima. Simboli che si tramutano in emozioni in continua trasformazione, senza respiro. Come le metamorfosi di Ovidio. Chaos genera e conduce il gioco con un'incessante cambio e scambio di identità, di forma. Violino e orchestra dialogano in questo modo nel "Graal Théatre" di Kaija Saariaho; in un continuo cambiare senza respiro, lasciando spazio all'immaginazione di chi quelle note le fa sue, le imprime nell'anima dandovi un colore. Un colore per ogni nota e si costruisce un quadro di emozioni. Note che sgorgano da un violino e che finiscono in un'orchestra, si mischiano ad essa, senza più sapere dove inizia l'uno e dove finisce l'altra. 

Ma la metamorfosi non cessa e continua il suo corso fino all'ultimi versi.
Un harem orientale compare. Shéhérazade di Nikolj Ramiskij-Korsakov è la protagonista. Quattro movimenti per ammaliare. Quattro movimenti per innamorare. Un profumo inesistente arriva alle narici di ognuno, porta nuovi sapori e odori. Per alcuni di un mondo lontano, per altri sconosciuto e nuovo, per altri un ritorno familiare. Incanta, stupisce e si trasforma ancora. Voluttuoso e seducente, porta con se ogni emozione e sensazione, tutte quelle che sono possibili provare in una sola sera. In una sola metamorfosi. Senza una fine certa, perchè incerte sono le metamorfosi che si compiono. Ma non le note. Che sono arrivate dritte all'anima, incise senza una bandiera, senza un colore. Incise perchè emozionanti. Incise perchè belle. Incise perchè musica che nutre l'anima.(FEDERICA DI BARI)









Con   Orient & Occident  ha inizio l’ultimo evento del Festival Della Valle D’Itria, il Concerto Sinfonico del 2 Agosto 2012

Il brano sembra imporsi da subito come il centro di un mondo a parte da quello umano, il mondo di Arvo Pärt, dei sensibili.
È difatti il perno attorno cui ruota l’omonima raccolta del compositore, da sempre caratterizzato da un forte spirito di simmetria.
La presenza di un organico diverso, cioè di un’unica orchestra di archi, accentua il carattere di questa composizione : una tensione inesauribile, un tormento che parte dall’esterno per divenire totalmente interiore.
Il potere di una musica tanto impregnata di emozioni, capace di inebriare la più ostinata razionalità facendo scomparire, come fa un pennello bagnato nell’acqua quando danza sull’acquerello di una notte limpida , la realtà circostante si rivela movimento dopo movimento.
L’esecuzione si snodava frastagliata ed io la seguivo, con gli occhi chiusi, nella mia mente: una corsa affannosa per le vie di un labirinto, la neve fredda, luci fioche, una continua incognita da incassare svoltando l’angolo. La certezza che frana, sulla quale il Panico non esista ad erigere la sua fortezza.
Momenti di tensione, melodie che paiono morire violentemente e risorgono sussurrando inaspettatamente, urla dall’alto di un bastione sprofondato nell’abisso di foreste vergini, la dissonanza di note distorte, il lamento ed il gemito di un violino che si uniscono, sono assordanti, mi scuotono.
L’inquietudine che esplode dal brano è la trasposizione distorta della vera anima della composizione : l’implosione. Difatti i movimenti orchestrali sono tormentati, dilaniati da un contorcimento attorno alla meta, lontana, della soddisfazione, dell’esaurirsi reciproco di correnti vitali, emozionali quali la serenità ed il tormento, la vittoria ed il fallimento, la luce e l’ombra..e culturali, come appare finalmente chiaro, Oriente ed Occidente.
Arvo Pärt mi ha indotto a dipingere senza servirmi del mio corpo, ma nutrendo la mente ed il cuore. Di note.(LUDOVICA GERMINARIO)




















Articolo a cura di Federica Di Bari e Ludovica Germinario
Fotografie a cura di Ludovica Germinario



Responsabile Blog Ludovica Germinario

venerdì 3 agosto 2012

L'incanto dell'Orfeo-Immagini di una lontananza

Uno strumento musicale diviene un uomo, ed un uomo è musica pura.

Orfeo ed Euridice
Un matto! L'amore sviscerale di Aristeo, sicuramente più brillante di Orfeo in questa opera, diviene un catenaccio che lo trascina verso l'abisso della disperazione, del fallimento. La mattanza sopraggiunge a riscattarlo, e ne fa emergere l'intelletto e la sapienza, che vengono riconosciuti dalle due divinità, Venere e Satiro, come pericolosi.







L'ultima opera del Festival Della Valle D'Itria è stata l'emblema di un addio doloroso, un congedo che soddisfa ma allo stesso tempo abbandona alla malinconia.
Il Festival infatti, per chi lo vive, è come il giorno dell'anno più bello con la differenza che che dura settimane, si attende con ansia, viene con la prima brezza d'estate e riparte quando si inizia ad avvertire nell'aria la stanchezza di una gioia stagionale tanto prorompente. Dei celebri versi di William Shakespeare recitano.. "Gioie violente hanno violenta fine e muoiono nel loro trionfo.." ! Che trionfo questa edizione del Festival! Una gioia impetuosa alla quale nessuno è stato in grado di sottrarsi, una fine emotivamente violenta perchè carica di sentimenti e poesia, dritta al cuore, in un teatro buio, scene da sogno, un mondo diverso a pochi metri dal mio viso.






Sono certa che vi fosse un incantesimo a regnare su di noi, la sera del 30 Luglio, giacchè nulla sembrava appartenere al mondo mortale, dall'istante in cui si sono spente le luci e la musica ha incominciato a sussurrare, piano..fino a destarsi maestosa, minacciosa, ha tirato fuori Aristeo, il protagonista insieme ad Euridice, Orfeo, Venere e Satiro di un mito dalle movenze sensuali, comiche e disperatamente tragiche, fuori dalle quinte, con quelle sue lunghe dita fatte di tensioni e risoluzioni, lo ha spinto sulla scena, e il resto è scomparso, inghiottito da un buco nero, cancello di un'altra epoca, di un mondo antico che ci portiamo nel sangue.


La terribile Venere appare come una divinità poco interessata alla sorte dei mortali con i quali si diverte a giocare : un aspetto comune nella concezione tragica delle divinità. E di comico ha una straordinaria abilità a saltare sui tavoli e un trucco appariscente. Interpretata dal baritono Giampiero Cicino, rispecchia il lato più vanitoso e presuntuoso dell'animo umano.




Euridice rappresenta l'uomo osteggiato da se stesso, e quindi dalla divinità. Venere la persuade affinchè possa cambiare il destino infausto che l'attende, cambiando marito. Ma di una questione tanto frivola come la scelta di Aristeo al posto di Orfeo, la giovane non vuol sentirne : morirà vittima della sua stessa fedeltà e, probabilmente, dell'incompetente amore di Orfeo. Euridice è interpretata dal soprano Kristel Pärtna



Venere e Satiro, si beffano delle pene d'amore di Aristeo e lo rendono ridicolo, facendolo conciare in modo sciocco, affinché riesca nella conquista di Euridice. Con la loro superficialità, di cui riconosce d'esser caratterizzato lo stesso Satiro, mandano in rovina tre esseri umani, colpevoli solo d'amare. Satiro è interpretato dal baritono Valeri Turmanov

Le Grazie , Le Ninfe e Le Parche sono interpretate dal soprano Graziana Palazzo, dal soprano Pia Raffaele e dal soprano Michela Antenucci




Aristeo è l'emblema del capovolgimento dei valori che caratterizza questa tragicommedia. La riscrittura di un mito radicato nel tempo prevede che si plasmino personaggi nuovi dalle spoglie di quelli già esistenti, che epoca dopo epoca non rispecchiano più l'uomo. Il pastore rozzo e scostante, opposto di Orfeo, ne diviene l'ancor più nobile simile, strappandogli quella fierezza intellettuale, quei modi cortesi, quella profondità d'animo e quella sensibilità elettrizzante e gettandolo nell'abisso della inconsistenza e dell'ignavia. Aristeo è interpretato dal contralto Candida Guida










Per rendere il più possibile l'idea, mi son sentita come una fanciulla tentata dalla curiosità o afflitta dalle pene d'amore,smarrita nelle foreste dell' Ellade che per caso, in cerca di more fra i cespugli, scopre dinanzi a se un portico maestoso, un matrimonio pronto a compiersi, scene di vita divina. I sedili del teatro erano sassi e cespugli ove nascondermi per non suscitare l'indignazione divina, i palchi erano alti cipressi e salici indiscreti, querce secolari, meli stanchi e carichi di pomi di oro. Persino le luminose insegne delle uscite d'emergenza erano state trasfigurate da questa mia mente in lanterne tessute con foglie di alloro e zenzero dalle ninfe, prigioni deliziose di lucciole vanitose.




Una falsa  ὕβρις, la terribile tracotanza, echeggia nella foresta. La giovane e bella Euridice è punita da Venere perchè "è così bella e decide di sposarsi, privando gli altri di tale dono". Una sfida lanciata dalla fedeltà e dall'amore, valori incarnati dalla ninfa che si oppone alle lusinghe della dea e rifiuta di tradire suo marito con Aristeo, alla passione più sfrontata, genetica essenza della dea Venere e del Satiro. L'esito, come par ovvio, non può che essere tessuto dalle dita sapienti e terribili delle Parche. Infatti la vicenda tutta danza tra musiche mortali e infernali, le Ninfe e le Parche si voltano e si scoprono essere Parche, il gaio Satiro, Giano bifronte, si rivela il mortifero Plutone. Sentori dell'oltretomba sfiorano la mente, brividi salgono lungo la schiena e come fantasmi esplodono dall'incontro di luce e musica. 













































L'opera è per natura una tragicommedia, e non è possibile sottrarsi all'alternarsi impetuoso dei sentimenti e degli stati d'animo. Così come la musica rotola continuamente innalzandosi fino all'Olimpo e precipitando giù nell'Ade, esausta ed entusiasta tra tensioni e risoluzioni frenetiche, allo stesso modo l'inganno che Venere e Satiro ordiscono ai danni di Orfeo, aiutando ma beffando ancor di più Aristeo si risolve nella triste morte di Euridice e gli stessi visi ebbri di gioia e vinti dalla beffa, divengono nel giro di un movimento musicale  cupi e macchiati di morte dal lutto.







Il cuore recepisce la precarietà di quei sentimenti mortali e divini, e il cervello elabora questo sentore confermandone l'esattezza : ogni attimo della nostra vita umana è una prova di equilibrio tra il cielo e l'inferno, tra la gioia ed il dolore.
Se fino a questo momento ho lodato la comunicabilità della musica e delle interpretazioni, è giunto il momento di esaltare la grandezza della rappresentazione tutta : un vero esempio di nobile arte teatrale, di genialità e fantasia genuine.
La scenografia si componeva di semplici oggetti quali due tavoli, alcune sedie, dei teli bianchi. Com'è possibile che questi oggetti siano serviti a traghettare lo spettatore in regni che non gli appartengono? Il mio cuore è stato personalmente inibito dalla scena in cui le anime dell'aldilà hanno invaso la scena : un delirio di mani , visi, baci, carezze avvolte dal manto dell'eternità, un telo candido che emerge dal buio, dalla bocca dell'inferno.
Un'immagine impressa nella mente, che lo sarà anche nella memoria.











Quando l'epilogo si affaccia sulla scena, un Orfeo disperato, un'amore spezzato concilia gli ultimi attimi di sogno.
Mi sono ritrovata, accompagnata da una musica dolce, in un teatro infiammato dagli applausi, e poi un giovane regista e librettista, una compositrice fuori dal comune, cantanti straordinari, assistenti incomparabili, un direttore d'orchestra inconfondibile.
L'emozione spessa dei presenti.
Avevo sul viso gocce di adrenalina come rugiada fresca colata da un sogno di mezza estate, gli occhi sgombri dal sonno e la mente, lucida, che ancora ricercava a tentoni i cancelli dell' incantesimo.
Questo può l'arte, questa la vittoria del Festival Della Valle D'Itria, questo L'Orfeo,Immagini di una lontananza.




Presenze che si estroflettono dalla tenebra, come in una enorme stanza nera senza luce, in cui regna l'ombra, per l'eternità. Ecco l'oltretomba. Proserpina e Plutone sono interpretati dal soprano Laura Maddaluno  e Valeri Turmanov




Articolo a cura di Ludovica Germinario
Fotografie a cura di Lorenzo Vinci, Ludovica Germinario e Roberta Ceppaglia



Responsabile Blog Ludovica Germinario